[ Globetrotter ] Gabriele Saluci – L’amore per il viaggio

[ Globetrotter ] Gabriele Saluci – L’amore per il viaggio

Il cicloturismo è la giusta velocità per visitare i luoghi assaporando nel miglior modo il viaggio e ciò che si incontra sulla via.

Non è la prima volta che ci occupiamo di viaggi fatti in bicicletta, lo stesso Matteo ha percorso la Finlandia e l’Italia con sua moglie, Paolo e Pinar hanno fatto il Sud America e oggi conosceremo Gabriele Saluci (Facebook / Twitter), studente di comunicazione interculturale che ama viaggiare.

D: ciao Gabriele e grazie per aver accettato l’intervista, ti va di presentarti brevemente ai nostri lettori?

Ciao ragazzi! L’introduzione spiega tutto: ama viaggiare. Per il resto il mio titolo principale è “studente” per cui si, studio e nel tempo che mi resta viaggio, scrivo e faccio video.

D: Sul tuo sito dici che viaggiare è vita, è scoperta, quando hai sentito per la prima volta questo richiamo?

A dire il vero ho sempre viaggiato, fin da quando ero bambino; i miei genitori in estate mi portavano in giro in camper. Adesso, quando si avvicina la stagione buona, se non organizzo un viaggio, mi sento addosso un senso di oppressione. E’ vero che quando inizi non ti fermi più.

D: Viaggiare è per te l’aspetto principale, la bicicletta è uno mezzo per farlo. Nei tuoi spostamenti hai trovato spesso altre persone mosse dallo stesso spirito e quante invece usavano mezzi alternativi?

In viaggio entri a contatto con tantissima gente: c’è chi viaggia per scappare, chi lo fa alla ricerca di una nuova vita o chi solo per prendere una vacanza. Ho conosciuto tanta gente che viaggiava in bici, molti erano dei fanatici delle due ruote, altri solamente volevano provare l’esperienza, comunque sia tutta gente curiosa che amava la natura, l’aria aperta e il contatto con altre persone.

D: Pianficare un viaggio è importante, tu come ti organizzi?

Nei miei viaggi la parte organizzativa non ha mai avuto grossa importanza. Per il Cammino di Santiago l’unica cosa che ho fatto è stata scegliere zaino; quando dovevo partire per l’Islanda ho perso un po’ più di tempo – solo per puro piacere, alla ricerca della bici, dell’attrezzatura da campeggio e, sempre spinto dalla curiosità e visto che avevo una voglia matta di partire, mi documentavo sull’Islanda. Quest’anno invece, per arrivare fino al sud del Marocco non ho fatto assolutamente niente: la bici ce l’avevo già, lo stesso per l’attrezzatura. Ho solo infilato dei vestiti nelle borse e sono uscito di casa; da lì ho percorso 4000 Km. Pensa che fino in Marocco non avevo né un GPS né una cartina, andavo a naso, e non mi sono mai divertito così tanto.

D: Nel corso degli ultimi anni hai portato a termine diverse imprese tra cui la Turin-Iceland 2011, Turin-Sahara 2012 in ultimo. Cosa ci puoi raccontare brevemente di queste ultime due?

Questi due sono stati i primi e fin ora unici viaggi in bici. Mi hanno portato a scoprire l’estremo nord d’Europa –se così si può chiamare, visto che l’Islanda è un altro mondo, e l’Estremo sud –essendo il Marocco piuttosto diverso dal punto di vista culturale ma comunque vicinissimo all’Europa.

I miei viaggi, raccontati tramite il blog, erano iniziati solo come uno svago e un’arricchimento personale; lo sono tutt’ora, ma essendo cresciute le attività del blog, avendo creato un canale YouTube abbastanza seguito, quello che mi fa più piacere è condividere con gli altri quello che faccio. Sono una persona molto curiosa e per me è naturale fare certi tipi di viaggio, so che non è per tutti così e quindi mi piace stimolare le persone che per i più svariati motivi non possono partire. Credo sia un modo diverso per far conoscere il mondo.
Quest’anno, il Comune e la Provincia di Torino hanno patrocinato Turin-Sahara e al mio arrivo il Marocco sono stato accolto dal Console italiano a Tangeri, questo significa che il messaggio che voglio trasmettere può e deve essere comunicato alla gente come un modo per crescere e ampliare i propri orizzonti.

D: Al termine di un viaggio cosa ti porti a casa? Quale ricordo è più vivo solitamente: la fatica, l’emozione, l’incontro con qualcuno, qualche paesaggio, cosa?

I viaggi importanti che ho raccontato sul blog a dirla tutta non hanno lasciato niente di concreto, forse non si possono capire, spiego meglio:
sono stati abbastanza lunghi, due mesi ciascun viaggio, per cui niente è veloce e non porti da casa sensazioni, stress e pensieri. In due mesi entri in uno stato d’animo nuovo, completamente diverso da qualsiasi cosa si possa provare a casa. A volte è bello, a volte è brutto. I posti che si visitano sono così diversi, la gente che ti fa compagnia di volta in volta così tanta che è difficile, alla fine del viaggio, dire quale sia stata una cosa che ti ha impressionato particolarmente. Ti ritrovi a casa, al ritorno, inspiegabilmente cresciuto, cono nuovi ideali, una nuova mentalità; hai vissuto per due mesi in una realtà alla quale non sei abituato, hai imparato a darti da fare e a sbrigarti da solo i guai e sul momento non c’era nessuno ad aiutarti che alla fine ti senti diverso, migliore sotto molti aspetti, peggiore perché a casa non ci vuoi più stare.

D: Abbiamo visto che realizzi video documentari molto spontanei e spesso ironici. Cosa ti piace di più del realizzarli? è un modo per rivivere, durante il montaggio, tutto il viaggio fatto?

I video oltre a una passione sono diventati un lavoro negli ultimi anni: faccio reportage, spot e campagne promozionali per giornali, istituzioni e privati per cui al ritorno, quando mi trovo davanti decine di ore di video grezzi da montare, la sensazione è quella di avere una montagna di lavoro.

I documentari che ho girato hanno una durata di 40-45 min e per ognuno di questi minuti dietro ci sono tra le 5 e le 6 ore di lavoro, in media. Tuttavia nei video che ho fatto racconto la mia storia e, oltre al lungo lato tecnico, posso dire che mi diverte farlo e che poi mi ripaga con moltissime soddisfazioni.

D: Hai mai avuto paura di non farcela a raggiungere la meta? Hai mai avuto un momento di crisi o di pericolo?

Si, ho avuto momenti di difficoltà ogni giorno o quasi. E’ normale avere paura. Di notte, per esempio, mentre dormi in posti sconosciuti, da solo e in libertà, a volte ti prendono delle paure irrazionali e assurde, che al momento ti fanno sudare freddo. Dormi con un occhio sì e uno no. Di giorno però quando torna il sole, ti rendi conto che quello che pensavi era tutto incredibile; la sera dopo però succede lo stesso.
La distanza della meta è proporzionata al tempo che si ha a disposizione. Se sono a Torino e il Sahara e a 4000Km da casa mia, e sono solo in bici, la distanza non è così grande. Devi solo sapere che tutta quella strada e tutto quel tempo sono occasioni affinché ti capiti qualcosa di unico nella vita.

D: Viaggiare da solo ti fa scoprire una nuova dimensione e ti spinge a socializzare con chi incontri con una diversa dinamica dei rapporti umani?

Quando si viaggia soli sicuramente è così. A differenza di quando hai un compagno di viaggio con cui parlare tutto il tempo, con cui dividere momenti di tristezza e di felicità, quando sei da solo, sei costretto a comunicare con la gente, anche solo per scambiare due parole a fine giornata; quelle due parole –spesso, si trasformano in qualcosa di più come un invito a cena, la possibilità di condividere un tratto di viaggio insieme o la compagnia di una simpatica ragazza. Parli alla gente in modo diverso, a volte per raccontare la tua storia, a volte per ascoltare la storia degli altri, ed è sempre in un tono rilassato e curioso che si conversa.

D: Hai dato un nome alla tua bici?

No, visto che credo che la bici sia solo un mezzo per spostarsi non ho le ho mai dato un nome. Se durante il viaggio mi fosse capitata qualche opportunità interessante per cui avessi dovuto procedere con un altro mezzo, non avrei esitato a lasciare la bici in un fosso. Non sono un fanatico della bici né tanto meno uno sportivo, preferisco viaggiare come ho voglia nel momento in cui lo faccio. Per me il viaggio è una prova mentale, non una fisica.

D: Viaggiare con ogni avversità metereologica, sotto il sole, sotto l’acqua, piazzare la tenda al freddo, magari inzuppato… non è da tutti. Cosa pensi faccia la differenza, lo spirito di adattamento, la voglia di conquistare nuovi territori, altro?

Molte persone mi chiedono come sia riuscito a fare certi viaggi in quasi totale autonomia. Rispondo sempre che non sono un super-uomo, a montare una tenda siamo tutti capaci, lo stesso vale per l’accendere un fuoco o per aggiustare un guasto meccanico. Il viaggio, visto da lontano potrebbe sembrare una grande sfida ma in realtà non è altro che una serie di piccole sfide giornaliere che tutti siamo in grado di risolvere, tutto sta nel provare.

D: Cosa ti senti di dire a tutti quelli che ci leggono e che magari sentono quel prurito recondito quanto si trattano argomenti del genere?

Che non c’è il momento giusto per partire, è sempre un momento buono. Partire vale più di ogni altra cosa. Se non doveste partire perché l’amico non è pronto, la ragazza non vuole, il cane deve mangiare, ve ne pentirete amaramente quando sentirete parlare di viaggi.

D: Prima di salutarci confessaci quale sarà la tua prossima avventura!

Anche se viaggiare in bicicletta mi permette di allontanare lo stress, credo che per il prossimo viaggio l’abbandonerò: essendo appunto il viaggio la cosa più importante, mi piacerebbe provare nuove esperienze ed essere libero di modificare velocemente l’itinerario, abbandonando mezzi di trasporto, tracciati e schemi, essere appunto libero. Solo io e uno zaino. Porterò con me una ragazza russa per aggiungere un elemento in più al viaggio, confrontare come due diverse mentalità e culture reagiscono a stimoli a cui nessuno dei due è abituato e vedere quali sono i vantaggi e gli svantaggi di una scelta del genere.
Credo che esplorerò l’Asia in treno, bus, autostop, moto e se ne avrò l’opportunità perché no, anche in bici. Dovevo andare l’anno scorso da quelle parti ma non fa niente, non credo sia cambiato molto da allora.

 

Allora amici cinghiali, vi è venuta voglia di esplorare qualche meta anche voi ??